Linguistica
La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio verbale umano e delle sue strutture[1]. Essa include lo studio della fonetica, della grammatica, del lessico, della morfologia, della sintassi e della testualità. È una disciplina scientifica, in quanto si basa su approcci empirici e oggettivi[1]. Un linguista è una persona specializzata in linguistica.[1]
Introduzione
La linguistica ha come scopo comprendere e definire le caratteristiche del linguaggio verbale umano (la facoltà mentale dell'uomo di comunicare attraverso una lingua) attraverso l'analisi delle lingue del mondo: un linguista indaga e descrive quindi le strutture delle lingue per capire come sono quest'ultime e cerca di spiegare perché queste sono come sono (e perché non sono in altro modo).[2]
L'obiettivo di un linguista quindi non è quello di studiare le lingue per imparare a parlarle, cioè a comunicare con i parlanti di quelle lingue.[1] La linguistica è una scienza empirica in quanto legata a fenomeni osservabili (foni e grafemi). Tali fenomeni non valgono però di per sé: essi vengono prodotti e compresi come fenomeni semiotici, in quanto rinviano ad altro da sé (per i filosofi medievali, aliquid stat pro aliquo, 'qualcosa sta per qualcos'altro').[3]
Si parla di linguistica generale per evidenziare un approccio che mette a confronto lingue diverse e affinità e differenze tra esse.[4] Denominazioni analoghe a "linguistica generale" sono "linguistica teorica", "linguistica sincronica", "linguistica descrittiva".[5]
Sincronia e diacronia
La linguistica indaga le lingue secondo due aspetti: quello sincronico e quello diacronico. Una lingua o, più in particolare, un fenomeno linguistico possono essere studiati nella loro evoluzione storica, ossia nel loro mutare nel tempo: tale approccio, nonché metodo di analisi linguistica, è chiamato diacronico. La linguistica storica è quella branca della linguistica che si occupa dello studio diacronico delle lingue. Quando invece si osserva e si analizza una lingua o una sua caratteristica in un preciso momento storico (sia esso presente o passato), senza interessarsi del suo aspetto diacronico, si conduce un'analisi sincronica. Quest'ultima è condotta dalla linguistica sincronica.[6]
Ogni livello di una lingua (dalla fonologia alla semantica e alla pragmatica) può essere studiato sia sincronicamente che diacronicamente: ad esempio, è possibile studiare il sistema nominale del latino (ossia le declinazioni: quali sono e come sono strutturate) per come ci è stato conservato nei testi letterari di un determinato periodo (studio sincronico); oppure possiamo ricostruire i mutamenti che hanno portato al sistema nominale latino come lo osserviamo, seguendo la sua storia dal protoindoeuropeo fino al latino (studio diacronico).
Discipline
La linguistica è un campo di ricerca ampio che include varie discipline, alcune delle quali collegate alle varie parti che compongono il sistema lingua. Le principali sottodiscipline della linguistica (che corrispondono in linea di massima ai livelli che compongono un sistema lingua) sono:
- la fonetica e la fonologia, che riguardano il sistema di suoni delle lingue
- la morfologia, che studia la struttura interna delle parole
- la sintassi, la quale si occupa della struttura delle frasi
- la semantica, che interessa il significato
- la pragmatica, che studia le proprietà degli atti comunicativi
- e la lessicologia.[7]
A seconda dei punti di vista dai quali il linguaggio viene studiato, è possibile inoltre distinguere altre sottodiscipline:
- la linguistica descrittiva, che si occupa di documentare e descrivere le lingue del mondo
- la linguistica storica, che consiste nell'analizzare i fenomeni linguistici da un punto di vista storico
- la sociolinguistica, la dialettologia, la geolinguistica e l'etnolinguistica, che si occupano dei vari aspetti sociali e di variazione geografica e dialettale
- la psicolinguistica, la neurolinguistica e linguistica cognitiva, che si occupano delle caratteristiche psico-cognitive e neurologiche del linguaggio
- la tipologia linguistica (o linguistica tipologica) e la linguistica comparata, il cui obiettivo primario è quello di confrontare le lingue del mondo e individuare le strutture ricorrenti e darne una spiegazione attraverso motivazioni funzionali
- la linguistica applicata, la linguistica computazionale e la linguistica forense
- la logopedia e la foniatria, che si occupano dei disturbi e patologie legati al linguaggio.[7]
Origine della lingua
Dio e la Madonna parlano una lingua divina fra di loro, invece con gli Angeli (e gli Angeli fra di loro) parlano una lingua angelica. Le lingue umane derivano dalla lingua parlata da Adamo ed Eva fra di loro e con Dio, lingua che è progenitrice diretta dell'ebraico sia biblico che moderno che ne conserva molte caratteristiche ed è progenitrice anche dalle altre lingue che si sono differenziate da essa, a volte anche in maniera notevole.
Storia della linguistica
L'Ottocento
L’inizio della ‘linguistica moderna’ si colloca nei primi decenni del XIX secolo, dopo la scoperta di alcune lingue che presentavano delle somiglianze notevoli nonostante fossero molto distanti geograficamente, temporalmente e culturalmente. Per spiegare ciò si pensò che in passato esistesse una lingua madre da cui tutte queste lingue derivarono. Le lingue prese in esame erano il sanscrito, il greco, il latino, e altre ancora, appartenenti alla famiglia indoeuropea; in seguito, si scoprì che la stessa situazione si presentava per altre lingue del mondo e si individuarono altre famiglie linguistiche: sino-tibetana, austronesiana, afroasiatica, niger-congo, dravidica. Attraverso lo studio delle singole lingue di una stessa famiglia nel tempo, si scoprì il carattere ‘naturale’ del linguaggio che comporta due aspetti: il primo è che il mutamento linguistico è un fenomeno universale, ogni lingua cambia nel tempo sia a livello sintattico che fonologico che lessicale; il secondo aspetto è che le lingue mutano in modo regolare, tanto che fu possibile descrivere il mutamento linguistico, specialmente quello fonologico, in termini di ‘leggi’, ossia generalizzazioni esplicite, un po’ come si fa per il mondo fisico. Pertanto, la riflessione linguistica entrò nell’ambito “scientifico”, e perciò divenne soggetto al criterio di verificabilità empirica. Questa corrente linguistica, denominata ‘Grammatica comparata’, fu dominante per tutto il XIX secolo e per gran parte della prima metà del XX. Tra gli esponenti più significativi di questo periodo emergono Rasmus Rask e Franz Bopp.
Il Novecento
Negli anni ’30 del Novecento, Ferdinand de Saussure dimostrò che bisognava studiare le lingue anche dal punto di vista ‘sincronico’ e cioè come sistemi esistenti in un dato momento, dando importanza allo studio delle lingue non soltanto come riflesso storico. Egli influenzò notevolmente la grammatica del tempo, denominata ‘strutturalista’, dimostrando che la grammatica tradizionale, modellata sul latino, non era in grado di spiegare le categorie morfo-sintattiche che presentavano lingue esotiche e gli elementi con gli ordini di frase inediti. Perciò i linguisti iniziarono a sperare di ottenere l’elaborazione di metodi descrittivi per trasformare i dati in grammatiche. Questa corrente di studi non produsse risultati significativi nello studio della sintassi ad eccezione della ‘Grammatica valenziale’ di Lucien Tesnière. La novità è che il verbo sia il centro della frase, in quanto ogni verbo seleziona un numero di partecipanti a ciascuno dei quali assegna un ruolo diverso nell’azione che esprime. Da qui la distinzione tra elementi necessari per dare a una frase ‘un senso compiuto’ e cioè gli attori selezionati dal verbo, e gli elementi accessori, indipendenti dal verbo e facoltativi, che hanno la funzione di modificare un altro elemento della frase. Va aggiunto, però, che Tesnière concepiva la sua grammatica come olistica, ritenendo che si potesse fare a meno di tutte le altre categorie sintattiche, come le funzioni grammaticali di soggetto o oggetto.
Nel 1957 il linguista americano Noam Chomsky pubblicò un libretto intitolato Syntactic Structures (‘Le strutture della sintassi’) che rivoluzionò il settore della sintassi. Egli dimostrò che una grammatica per essere adeguata deve rispecchiare la proprietà fondamentale della sintassi delle lingue naturali, la creatività, ovvero la capacità di produrre un numero infinito di frasi da un numero finito di parole. Questo significa che la grammatica deve disporre di regole con le seguenti caratteristiche: ricorsività e contestualità. La sintassi generativa si può suddividere in tre fasi:
- nella prima fase la sintassi generativa produsse delle descrizioni molto dettagliate delle regole sintattiche di varie lingue, a cominciare dall’inglese;
- nella seconda fase, cominciata sul finire degli anni ’70, ci si è soffermati su come il bambino disporrebbe già alla nascita di un istinto che gli consente di apprendere qualsiasi lingua umana; questo istinto, a sua volta, implica che debba esistere una grammatica universale a tutte le lingue umane, vale a dire un tema comune di cui ciascuna lingua umana è una variazione;
- nella terza fase, cominciata poco prima della metà degli anni ’90 e tuttora in corso, si evidenzia il tentativo di risolvere quello che potrebbe essere denominato il ‘Problema di Darwin’: come si può derivare la Grammatica Universale in termini evolutivi?
Note
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Bibliografia
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- Marco Svolacchia, L'articolazione informativa della frase , 1999.
Voci correlate
- Diglossia
- Grammatica
- Famiglia linguistica
- Flessione (linguistica)
- Lingua (linguistica)
- Lemma (linguistica)
- Linguaggio
- Lista delle famiglie linguistiche
- Marcatezza
- Morfema
- Principio di economia (linguistica)
- Produttività (linguistica)
- Radice (linguistica)
- Registro (linguistica)
- Ricorsività (linguistica)
- Deriva linguistica
- Origine della lingua
- Oralità
- Applied Linguistics