Utopia

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"Utopiae insulae tabula", Ambrosius Holbein (1494-1519).

Un'utopìa è un assetto politico, sociale o religioso che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come ideale e come modello.[1] Il termine può anche riferirsi ad una meta intesa come puramente teorica e del tutto irraggiungibile[2]; in questa accezione, può connotare sia un punto di riferimento idealistico verso cui orientare azioni ancora pragmaticamente attuabili, sia una mera illusione e un ideale vuoto.

Etimologia

La parola deriva Template:Lang-grc e significa "non-luogo". Nella parola, coniata da Tommaso Moro[3], è presente in origine un gioco di parole con l'omofono inglese eutopia, derivato Template:Lang-grc, che significa quindi "buon luogo". Questo, dovuto all'identica pronuncia, in inglese, di "utopia" e "eutopia"; dà quindi origine ad un doppio significato:

  • utopia (nessun luogo),
  • eutopia (buon luogo).

L'utopia sarebbe dunque un luogo buono/bello ma parimenti inesistente, o per lo meno irraggiungibile.

L'utopia in filosofia

Il pensiero utopico filosofico non ha a che fare con una rappresentazione ingenua della realtà, ma con problemi più complessi. L'Utopista non accetta la realtà così come appare. Esso costruisce due realtà parallele, esprimendo il rifiuto del possibile con la fuga nell'impossibile. Si vive quindi in mondi virtuali, impossibili, in modo degno, come non è consentito dalla realtà.[4]

L'utopista quindi si pone tre domande:

  • Qual è la realtà?
  • Esistono effettive possibilità di conoscere la vera realtà?
  • Esistono realtà parallele di cui non si sa nulla?

L'utopista - sia come coniatore di utopie, sia come semplice propugnatore, sia come pensatore utopico critico[5] - può quindi essere tanto colui che costruisce le sue preferenze e le sue scelte ideologiche esimendosi dallo studio e dalla comprensione della realtà e delle sue dinamiche, quanto colui che indica un percorso che ritiene al contempo auspicabile e pragmaticamente perseguibile.

Benché non sia un costituente essenziale del concetto di utopia, molte utopie presentano un carattere universalista; esistono, però, anche utopie di natura settaria o comunque non inclusiva. Nell'uso comune, utopia e utopismo sono spesso associati al velleitarismo.

Illustrazione per L'Utopia di Tommaso Moro

Politica e storica

Un'utopia globale di pace mondiale viene spesso vista come una delle possibili e inevitabili fini della storia.

Sparta fu un'utopia militarista fondata nell'Antica Grecia da Licurgo (anche se alcuni, specialmente gli ateniesi, possono averla vista come una distopia). Fu una potenza greca fino alla sua sconfitta da parte dei Tebani nella battaglia di Leuttra.

Sviluppatasi fra il XVIII e il XIX secolo, il socialismo utopico, che fu la prima corrente del moderno pensiero socialista, propugnava una riforma generale della società e dello Stato, che avesse come fine la giustizia sociale e come mezzo la statalizzazione delle risorse economiche, l'abolizione della proprietà privata (collettivismo), della famiglia, del contrasto tra città e campagna.

Economica

Le utopie socialista e comunista generalmente ruotano attorno a una distribuzione paritaria dei beni, spesso con la totale abolizione del denaro, e con cittadini che fanno un lavoro che apprezzano e che è svolto per il bene comune in quanto realizzazione della loro essenza primaria, e che lascia loro ampi margini di tempo per coltivare arti e scienze.

A livello popolare l'utopia a volte si richiama all'immagine del Paradiso terrestre

Vi sono anche utopie di matrice individualista, che vedono evidentemente nel libero mercato e nella competizione due fattori fondamentali di sviluppo dell'essere umano.

Religione

Template:Vedi anche

Le idee del paradiso nel Cristianesimo e nell'Islam tendono ad essere utopiche, specialmente nella loro forma popolare: invitando ad una speculazione sull'esistenza libera dal peccato, dalla povertà e da ogni tristezza, oltre il potere della morte (anche se il "paradiso", nell'escatologia cristiana almeno, è più equivalente alla vita in Dio, vivendo un paradiso terrestre nella vita).

Utopia scientifica e tecnologica

Template:Vedi anche Queste utopie preconizzano un futuro in cui una scienza e una tecnologia avanzate creeranno le condizioni per uno stile di vita utopico; ad esempio con il superamento della morte e della sofferenza e con cambiamenti migliorativi della natura e della condizione umana. Specie in ambito transumanista, si adotta anche il termine di "estropia", intesa come capacità della tecnica di contrastare, localmente o globalmente, il fenomeno dell'entropia.

In contrapposizione a questo orientamento ottimistico, si pone la predizione che l'avanzamento di scienza e tecnologia porterà all'estinzione dell'umanità, in seguito ad un utilizzo intenzionalmente o maldestramente distruttivo o ad un puro incidente. I pessimisti invocano il principio di precauzione e contrastano l'adozione indiscriminata delle nuove tecnologie; nelle posizioni più estreme si giunge ad una totale opposizione verso l'innovazione tecnologica.

Proto-comunismo

Template:Vedi anche Con questa espressione si suole indicare quelle filosofie che in qualche maniera anticipano uno o più temi tipici del comunismo. È specialmente nel Settecento che nascono questi tipi di impostazioni politico-sociologiche che preludono il comunismo ottocentesco. A parte Rousseau che nel Contratto sociale ha avanzato idee di uguaglianza nei diritti e una certa centralizzazione del potere, vi sono altri tre personaggi che si distinguono per aver sostenuto in maniera forte l'abolizione della proprietà privata: Jean Meslier, Étienne-Gabriel Morelly e Dom Deschamps.

Critiche all'utopia

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Nel corso del XX secolo, sono state portate alcune critiche al modello utopista da parte di alcuni pensatori e filosofi liberali, fra i quali Karl Popper[6] e Dario Antiseri[7]. La prima delle obiezioni riguarda il fatto che non esiste un criterio razionale attraverso il quale determinare che cosa renda una società utopica e perfetta; oltretutto, la società perfetta - o presunta tale - viene ritenuta esattamente l'opposto della società aperta.[8] L'inconsistenza attribuita all'utopia e agli utopisti viene espressa sottolineando come innanzitutto ogni utopista sia totalitario e come l'utopia si fondi su tre presupposti gnoseologici insostenibili, quali: conoscere il tutto (inteso come insieme della società), conoscere cosa è il bene e cosa è il male, conoscere una definizione oggettiva di uomo perfetto.[8] Ritenendo di conoscere ciò, all'utopista viene attribuito di credere che il mondo del suo tempo sia interamente errato e pertanto che sia necessario sviluppare un cambiamento totale dello stesso secondo regole e principi stabiliti dall'utopista stesso.[8]

Per i critici dell'utopia, coloro che intendono realizzarla sono fermamente avversi ad ogni pratica gradualista e riformista, poiché, dovendo cambiare il mondo nella sua interezza, non pensano che ci sia alcun bisogno di intervenire sui problemi e le questioni attuali. Ciò viene ritenuto dai critici in forte contrasto con la moderna prassi politica, secondo la quale, ammesso che si possa cambiare tutto, ciò non può non essere realizzato che attraverso la risoluzione delle singole parti che costituiscono il tutto stesso.[7] In realtà, la possibilità di ripartire dal principio per riedificare un nuovo mondo utopico viene considerata irrealizzabile in termini pratici, poiché non è mai possibile ricominciare da capo: la tradizione da cui si discende e le facoltà intellettuali dell'individuo sono valori acquisiti dall'uomo nel corso della propria vita e non si può in alcun modo liberarsene; la stessa ragione ideale dell'utopista è inevitabilmente frutto di una tradizione precedente.[7]

Utopie leggendarie

Utopie letterarie

Il romanzo utopistico

Il romanzo utopistico vede tra i suoi autori principali Louis Sebastien Mercier, Edward Bellamy, Evgenij Zamjatin ed Ebenezer Howard.

Note

  1. Template:Cita web
  2. Template:Cita web
  3. Il termine compare come titolo del suo romanzo Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia del 1516.
  4. Template:Cita web
  5. Template:Cita web
  6. "Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano dalle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui ed ora. I nostri simili hanno il diritto ad essere aiutati; nessuna generazione deve essere sacrificata per il bene di quelle future, in vista di un ideale di felicità che può non realizzarsi mai." (Citazione estratta dal capitolo XII del libro Principi liberali, di Dario Antiseri, Rubettino, 2003, ISBN 88-498-0492-X)
  7. 7,0 7,1 7,2 Principi liberali, di Dario Antiseri, Rubettino, 2003, ISBN 88-498-0492-X, capitolo XI e XII.
  8. 8,0 8,1 8,2 Principi liberali, di Dario Antiseri, Rubettino, 2003, ISBN 88-498-0492-X, capitolo XI
  9. Limperativo edonistico, di David Pearce

Bibliografia

  • Bronisław Baczko, Voce "Utopia", nell'Enciclopedia Einaudi, 1981.
  • Bronisław Baczko, L'utopia. Immaginazione sociale e rappresentazioni utopiche nell'età dell'illuminismo, Einaudi 1979.
  • Massimo Baldini, La storia delle utopie, Armando Editore, Roma, 1996.
  • Lucio Bertelli, L'Utopia greca nell'Età ellenistica tra realtà e immaginazione, 2006.
  • Antonio Cocozza, Utopia e sociologia. Una critica alle società chiuse, Armando, Roma, 2004.
  • Vita Fortunati, Raymond Trousson, Adriana Corrado (a cura di), Dall'Utopia all'utopismo. Percorsi tematici, Napoli, CUEN, 2003, ISBN 88-7146-645-4
  • Template:Cita pubblicazione - seconda parte
  • Template:Cita libro
  • Francesco Ghia, Introduzione a "Utopia" di Thomas More, traduzione di Maria Lia Guardini, Il Margine, Trento, 2015, ISBN 978-88-6089-170-9
  • Caterina Marrone, Le lingue utopiche, Stampa Alternativa&Graffiti, Viterbo, 2004.
  • Lewis Mumford, Storia dell'utopia, Milano, Feltrinelli, 2017.
  • Yann Rocher, Théâtres en utopie, Actes Sud, Paris, 2014 ISBN 978-2-330-03496-2.
  • Jan Servier, Storia dell'utopia. Il sogno dell'Occidente da Platone ad Aldous Huxley, Roma, Edizioni Mediterranee, 2002.
  • Nicola Ubaldo, Voce Utopia in Atlante illustrato di filosofia, Firenze, Giunti Editore, pp. 276–7, 2000. ISBN 88-440-0927-7; ISBN 978-88-440-0927-4. Nuova ed.: 2005. ISBN 88-09-04192-5; ISBN 978-88-09-04192-9.

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